Lo Stufaiuolo by Anton Francesco Doni: A Synoptic Edition (R)
Edited by Elena Pierazzo[Riccardiana Manuscript]
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huomini, mio s[ignor] sempre osserva[n]diss[i]mo1Probabilmente Giacomo Piccolomini, Duca di Montemarciano signore di Camposervoli, nato intorno al 1520, e padre del famigerato bandito Alfonso. La famglia viveva probabilmente a Siena, dove a quanto are nacque Alfonso.
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LO
STUFAIUOLO
COMMEDIA
DEL DONI F[RANCESCO]
SI[GNOR] SILVIO
PICCOLOMINI
MDLVIIII2Sul nastro che circonda le armi gentilizie dei Piccolomini. In fondo alla pagina nota di possesso: Questa Co[m]media é del s[ignor] Cav. Raff[aell]o di Lionardo Carnesecchi
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Ill[ustrissi]ma Et Ecc[ellentissi]ma et che la nobiltá veramente ha posto il seggio ne la –
persona vostra Illustris[sima] et degna Io obligatßimo servitore d’ =
un’ si mirabile splendor di sangue et di virtú; vengo co[n] questo de =
bil principio et picciol dono, a presentar’ la S[ignoria] V[ostra] Ill[ustrissi]ma In sino a –
tanto che seguendo co[n] maggiore opera, io possi scolpire nell’eternitá
del mondo, quanto sieno i meriti di quella et il debito della servitú mia:~
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PERSONE DELLA FAVOLA:~
Cesare: et
Maddalena
suo donna:~
Laura moglie di m[esser] Niccoló.
Taddea sorella di m[esser] Nic[colo] .
Vincenzo inamorato
Caterina fante di Lau[ra]
Niccoló vecchio.
Gottardo Stufaiuolo.
Bigio famiglio.
Corrieri
Druda Todesca Cortigiana. et un
Magnano:~
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PROLOGO
te queste nobilißime, et bellißime donne, sia =
te i ben trovati. E’ son forse sei mesi che io
mi accoppiai cosi posticciamente3Senza vincoli legali, more uxorio, probabilmente. con una bel =
la Cortigiana Tedesca: la quale come udirete
ha presa la lingua tanto bene, che la par nata in Italia. Io sono
Stufaiuolo de primi di questa Cittá per che appicco mirabilme[n]te
Cornetti,4Strumenti usato per i salassi (GDLI), ma con riferimento alle corna, un tema ricorrente in tutta la commedia. et ho nome Gottardo, pur di razza Tedesca; ma sono at =
talianato benissimo, et per questo credo che la S[ignora] Druda che co =
si si fa chiamare, m’habbia posto amore, & per tenere del san =
gue del paese, meglio sodisfó all’apetito suo: et poi la Carne tira.5Cf. La Mandragola, Atto III, sc. II.
Hora io sto qui a stufare tenendo a camere locande, et pur hora
come mi vedete sotto questa vesta nudo, della stufa io vengo. Lei –
sta qui a canto, et in sieme per una porta falsa che l’ha dietro;
entro et esco; et ella accomoda da ogni parte ne letti, i nudi stu =
fati: cosi usiamo, ogni masseritia sottosopra, lei et io p[er] indiviso:~
sia spetiale) d’una nuova Commedia, un caso di poche hore, &
spedirovvi tosto, poi che ho rizzata la fantasia, a cioche somma =
riamente la contiene; et no[n] istaró a menare la cosa lenta, o lun =
ga facendovi stentare come fanno i vecchi che dicono le lor cose –
[f. 4v]
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adagio agiatamente col tornare hora in dietro, et hora con l’adop =
piare le parole, onde la risolvono in fummo. Porgetemi voi donne
da un canto, et voi huomini dall’altro, gratamente udienza.
et ha una moglie che tolse per amore, Una fanciulla Genovese
rubata, co[n] un suo fratello per la guerra, poi allevata in casa Sua
& si chiama Laura, una delle belle giovan
ha due ama[n]ti, uno stá qui co[n] la mia cortigiana, un ricco mercata[n] =
te, sconosciuto, credo io che sia fuor’uscito della sua terra: et ha la do[n] =
na sua chiamata Maddalena, la quale sta per governo in casa que =
sto che mag[nifi]co si chiama: una donna certo da governo. In questa mia
stufa l’altro inamorato fa no[n] so che rubame[n]ti di panni, onde voi
vedrete variar molti habiti: alla fine una vedova, la quale é so =
rella di questo che ge[n]tilhuomo gli pare essere, et é inamorata d’uno
di quegli ama[n]ti di Laura, et lei é cagione che ogni cosa torni a
segno: La stá qui, et da essa in fuori, si travestiscono tutti. Una bel =
la rinvoltura vi prometto. Se starete cheti la Commedia vi parrá
piu bella et v’insegnerá nelle Stoltitie d’amore a raffrenarvi
imparerete a tollerare gli affanni, sempre sperando bene, Conosce =
rete che no[n] é da fidarsi cosi di donne intutto: sarete cauti nel tene =
re fante insieme co[n] il famiglio; per che vedrete di che tacca e’ sono:
& fuggirete le pazzie della vecchiaia, le quali son molto licentiose.
Et p[er] tenervi allegri, et senza sonno, vi so dire che voi riderete quasi dal
principio alla fine. Ma ecco apunto chi di qua viene, p[er] cominciare á
recitare, attendete adunque a loro che piu inanzi entreranno co[n] la –
cosa, et meglio, per che sará vedendo, come se voi toccaste co[n] mano ma
no[n] lo crediate altrimenti; p[er] che q[ue]llo che fu giá dadovero, é hora ridotto
in Co[m]media e chiamasi lo STUFAIUOLO: mi raccomando:~
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ATTO PRIMO
CESARE & MADDALENA
ni, che hoggi mai possian dire d’esser vecchi; hora tu ve =
di come io sono afflitto et non posso dire per che.~
martiro, lo esser fuori della patria tanto tempo, mai ti ha dato al –
cuore tanto tormento; lo havere smarriti (o perduti) due figliuoli; lo
essere quasi schiava: no[n] mi pesa, ne a te mai lo star’ cosi sconosciuti
ti ha aggravato. No[n] ho io in petto, et nella cassa, tante gioie, et dana –
ri.~ da provederti, se voglia alcuna di andare, di riposarti, o far qual –
che impresa, che ti conforti. Dimmi caro marito horamai la pena tua.
Io son pur colei che ho tutti i tuoi segreti suggellati nel cuore; per che
non mi palesi, tanta tua, malinconia.~
vicino alla morte dall’altro; io ti prego ad’ aiutarmi che puoi, a
conservare questa vita, la quale é ultimamente tua:~
via allegramente, che per aiutarti son p[er] metterci la propria vita.
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ri questa parola, LAURA, é quella che mi priva di tutti i diletti et
della vita. Et il tuo amarmi, mi ha condotto al fine come tu vedi
volendo piu tosto morire, che palesarti tanto mio pensiero. Se ti =
piace che io muoia, che altro rimedio no[n] ho, eccomi allo estremo: se =
due volte mi vuoi dar la vita, perdonami, et aiutami; tu far lo =
puoi ancora che mal fatto sia: ma contro alle forze d’amore in que =
sta mia matura etá non ho trovato riparo alcuno che baste; a ogni –
altra cosa ho posto termine, salvo che a questo che lo conosco errore,
errore certo, potente, errore da fuggire: aiutami, o Dio:~
delle cose, ci si trova rimedio, se no[n] tutto, in parte:~
due estremi casi in un punto medesimo, m’hanno assalita; il piacere del =
la tua vita, et il dispiacere di lei, laquale so certo esser giovane ho =
nestissima, da no[n] la co[m]muovere p[er] alcuna cosa o di pregio, o di valore
ell’é tutta casta, tutta savia, tutta honesta; et mi pesa che questo tuo =
amore no[n] sia in quale esser si voglia donna, che io conosca, salvo che
in costei, de guarda sorte.~
io ti lasci, che la vedova esce di casa, vattene et ritorna, che Dio, ci aiuterá.
mi dispongo in ogni modo di giungerlo una volta sul fatto, se tu mi
aiuti, come m’hai promesso:~
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quel vecchio la fa vivere discontenta; va poi tu, et maritati co[n] q[ue]sti
simil’ huomini randagi:~
in questa Cittá: purche una volta ei creda di no[n] l’haver veduta piu =
e fa la pratica, et tre giorni innanzi bisognano, a mettersi in ordine;
il tutto é che se ne vanta, quando egli é allegro dopo cena la sera, =
et é geloso, sopramercato.
nia, mostrando ch’egli ha mille torti, ma tutti i pari suoi in quella etá
sanno di scemo bene bene:~
dimmi cara sorella, mi poss’io fidar di te.~ et senza farti piu parole, sco[n] =
giuri, et preghi, poss’io realme[n]te, sfogarmi teco d’un mio segreto.~
dica, ma in questo caso tu lo dirai a temedesima. Ma se tu no[n] lo puoi
tenere, come lo riterrá un’altro.~ pure lo haver bisogno d’aiuto forse ti
sforza. Se voi di soccorso a me possibile havete di mestieri7'Avete necessità'. dite sicu =
ramente, no[n] accadendo opera, che io possi fare in pró vostro, tenetelo nel –
core per che molto meglio fia allogato in voi, che in qual altra persona
si voglia, questo mi pare buon ricordo.
piu ciancie ti dico che d’un bel forestieri, inamorato di Laura, io sono
tanto invaghita, che no[n] so stare altrove che in questa casa, per che pochi
giorni fallano, che no[n] ci passi: et io ne ho co[n]tento, et diletto grande:~
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come colei laquale é di diaccio impastata; Io sono come tu vedi vedo =
va, e apena viddi il marito, et mi pare strano, perdere la mia gio =
ventu, et nessuno ci pensa.
accomodarsi, come la si da p[er] il mezzo basta.
tu, et io che saremo tre, lo sapremo, altri nó.
fatemi questo conto piu particolarmente.
cherá stratagemmi, et a me che son punta dal foco amoroso assotigliatore
de cervelli grossi, co[n] il nome di Laura, lo inganneremo:~
ma ditemi, voletelo p[er] marito.~
sco apertamente la vergogna di casa, et la rovina vostra, se voi no[n] vi mu =
tate di fantasia. Voi dite che Amore é buon maestro in questi casi, ma
egli é peggio la cecitá della mente: che la grossezza del cervello. Lau =
ra, non ha ella marito.~ come cotestui si troverrá da voi ingan[n]ato,
come andrá ella.~
[f. 7r]
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pietá, con l’amore, con preghi, et altre cose assai.
duri di cuore i piu: et di lor fantasia, poco si curerá di voi: io non
ci veggo nulla di buon taglio: pure il pensare qualch’hora sopra
questo caso; potrebbe far nascere qualche buon fungo: in questo mez =
zo, consigliatevi con il vero; no[n] vi lasciate ingannare all’ombra, &
di me tutto promettetevi.
so chi che guarda.
il possibile.
provedere; andate via che si fa notte vi ricordo, buona sera:~
piccolo, sempre mi ha tenuto in viaggi di nave: almanco no[n] mi haves –
si egli fatto havere giá due anni sono tanto otio; che io no[n] sarei cosi tra =
fitto dalla passione continua d’Amore. Lo andare p[er] questa Cittá co[n]
gli occhi fissi nel volto di questa, et quell’altra giovane, senza pen =
siero alcuno,
giorno, et notte; O Laura del mio cor, fermo pensiero:~
sei mesi, che q[uesto] uscio di dietro no[n] s’é tocco: et se non era il Bigio famiglio
anc’all’hotta, non ne facevo nulla; ma egli mi fastidí tanto una sera, nel =
[f. 7v]
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voler fare, un suo servigio, a cioche il vecchio no[n] lo vedessi uscir fuori,
no[n] havrei messo mano a quella via. La porta é comune a tutti di qua
dinanzi, et egli di lá volle quella comoditá p[er] no[n] esser visto: et cosi an =
dai a contentarlo, che nessun di casa, se ne accorse: La padrona me lo
ha fatto usare stasera un’altra volta, et son tutta traffelata; p[er] la pena
d’aprirlo. Egli s’era, come no[n] usato quasi apiccato l’uno sportello co[n] l’
altro, et cosi son fuori senza saputa del vecchio. Io vo a chiamar Taddea
che venga a far no[n] so che rinvoltura p[er] il vecchio. La poteva pur dimorare
un’altro poco, senza darmi questa stracca.
giovane.~ ricogliete il benduccio.8Fazzoletto (GDLi).
carezze, et madesi:~
andare a fare una faccenda, p[er] che l’importa hor hora:~
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a starsi seco; p[er] che il vecchio va infrega dietro a una cortigiana al =
la Stufa. La crede che no[n] tornerá, peró manda p[er] costei p[er] passare que
fastidi, et quella tristitia stanotte.
raccomandarmi co[n] essa molto, et piglia questo mozzanigo p[er] caparra.
vederci, quel bel giovane.
E si suol dire che i proverbi son veri: al primo colpo no[n] casca l’albero,
a tre fazzoletti costei é mia certo. E si dice ancora; fico basso, et fante =
sca d’hosteria, palpeggiando si matura. Quando un fico é basso, ogni –
uno che passa, tasta s'egli é mézzo, tanto che in poche tastate, da ta[n]te
spremiture, e gocciola; Et cosi la fante di cucina, hoggi viene un fo –
restieri, et la pizzica da un lato, le palpa un fianco: domani ve ne capita
un altro, et stringe un braccio: chi gli tocca la mano, et chi gli mette
le dita sotto il mento; onde in poche settimane ell’é cottoia. Costei po –
che spremiture, pare a me, la ridurrebbono: ma sará meglio, che io
vadia a far altro, che Laura mia, no[n] sono io per vedere a quest’hora
altrime[n]ti. Ma ecco il vecchio; guarda chi gode tanto bene, lascia –
mi andar via, che questo uccellaccio, no[n] mi vegga.
che si chiami uno che sia altrui su gli occhi.~ e si chiamano coloro che =
[f. 8v]
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son discosto: se voi vedete che io son qui, che accade gridar Bigio –
bigio.~ no[n] sapete voi dire, cioche volete, senza farmi tanto rispon =
dere messere, messere.~ cento volte.12La battuta è analoga a La Zucca, IVc 53 7, dove viene attribuita al servitore del Doni.
esser me, et che io sia te.
voi sarete un’altro, et un’altro sará voi.
da fare: no[n] udite voi mai, i sospiri che volano p[er] casa, et i Zufoli della via.~
della Colombaia, della Cucina: et quella del palco delle mele: qua[n]do
alla prima ho detto tutte, che accade ta[n]te tanie.~14'Tanìe': litanìe, storie (GDLI).
stocco ne fianchi; guarda chi mi vuole insegnare; che palandra
hai tu su la spalla.~
voi messere l’altre notte andate alle signore, et io fo mula di me –
dico,15'Fare mula di medico': attendere pazientemente i comodi altrui, perdere tempo in attesa di qualcuno (GDLI). egli é questa brezza, che mi da una mala notte.
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var te la possino e’ becchini; tu sei il bel pazzo.~ so che io sto fresco =
come una rosa a famiglio balordo.
senza corsaletto, et voi senza rotella.
apiccare stasera, due cornetti; aprite.
ni sera, aprite, et pagatevi.
spogliatoio, o che gran sonno, apri, apri al padrone.
un cane, insegnare a un’ fiorentino, et servire a uno inamorato, son’ le –
piu difficil’ cose che si faccino, Dio voglia che q[uesto] Stufaiuolo stasera Co[n]tenti
q[uesto] mio messere, ilquale é piu fastidioso che la vecchiaia, et se no[n] me lo
credete dimandatene la n[ost]ra fante colá: o se la vedeva, in mal hora era.
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per l’uscio dove sono io uscita.
et serrare la porta dinanzi come gli piace, che volete che noi stiamo
in prigione.~ la sarebbe bella.
che male.
cato, che voi perdiate ta[n]to tempo; so che la Caterina no[n] istarebbe tanto,
a denti secchi:~
Fine del primo Atto
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ATTO SEC[ONDO]:
siero nella mente, che Cupido sia Dio che abruci, saetti, et infiam =
mi i cuori di noi miseri amanti: O sciocca plebe accecata dalla –
Ignoranza: Per dirlo in una parola, io credo che amore sia un =
male naturale, che ciascuno ha nell’ossa. Una certa spetie sotti =
le di doglia, mescolata co[n] un pensiero dilettevole, che per malattia
no[n] si stima. Appicasi questa bestiale infirmitá per piu vie: et
pigliasi da ciascuno, et di tutti i tempi. No[n] é per dire il vero male
che paragoni questo, per che é naturale, et no[n] viene da humori.
Egli é un sottilissimo fuoco, che tal volta nella parola si porta; p[er] che
nel raccontare le bellezze d’una donna, ancora che la sia di lontano,
tu te ne guasti. Dio ne guardi ciascuno. Che cosa no[n] ha fatto l’huo =
mo infuriato da questa febbre.~ et la donna.~ distrutto cittá, paesi,
et regni, amazzato amici; strangolato rivali, tagliato a pezzi pa =
renti, et lor medesimi impiccati. Per amore am.~ lieva la gamba:18'lieva la gamba': Dio ce ne liberi (GDLI)
la madre no[n] si cura del figliuolo, la moglie no[n] pensa al marito, ne
il marito alla moglie. Io concludo, che amore, é un male senza ri =
medio, et io lo provo. No[n] so, se mi par di vederein calze, et farsetto
fuor della Stufa il galante della mia Laura; vita mia che bel fante.~
Vo seguirlo di traccia, forse che amore mosso a pietá de miei tormenti
dará mano, a sollevarmi di tanto dolore: intanto staró qui nascosto:~
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quando v’interviene amorazzi, et quello che importa piu, la co[n]clusione.
quanto piu state meglio é p[er] voi p[er] che la notte vi parrá piu corta.
forse a giornate bestia.~
dine, in un tratto; se havete da sdilacciare un pezzo:~
come io ti paio al pelo vecchio: Bigio, ricordati come io mi stufo, di guar =
dar bene la cassa de panni.
che mille discorsi, no[n] mi hanno fatto. Lasciami pensare un poco:
quattro passeggiate; Io ho trovato l’inchiodatura.20Trovare l'inchiodatura: trovare il modo giusto per fare qualcosa (GDLI) O la.~ o la, padron =
Gottardo.~ Stufaiuolo, o la.~
havró servito, no[n] posso ma[n]care. Et servirei la S[ignoria] V[ostra] inanzi: ma ho da fare
co[n] vecchi; et anco se vi pare state cosi un poco, et alla sprovista venire de[n] =
tro. Io saró intorno al mag[nifi]co et co[n] qualche trattenime[n]to, dando un colpo, sul –
cerchio, et uno su la botte, laveró similmente la S[ignoria] V[ostra].
glio esser solo: piglia questi marcelli p[er] parte, et servimi.
Io son chiamato. verrete a posta vostra:~
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questa volta, et poi no[n] piu.) Io credo che in questa Cittá che é tanto popolata
p[er] varie nationi, egli ci accaggia di belle novelle. Io ne so quelle quattro; chi
ha da spendere gli capitano mille bei partiti p[er] le mani: pure ci sono ancora
di dure nespole da maturare: et Laura mia, é asprissima. E no[n] ci é stato –
mai pollastriera21Mezzana, ruffiana (GDLI). si suffitiente, che gli sia bastato l’animo d’affrontare quel –
torrione: tutte dicono che la rocca é inespugnabile; anzi piu che lo assedio =
no[n] la farebbe arrendere. Pure le son certe cose, che Dio sá come l’andasse
a quelle strette ci sono di mai passi, il letto, il buio, la comoditá, i danari
la fede del segreto, fanno gran violenza. Sará meglio che io me ne vadia
dentro, inanzi che coloro, mi si apressino piu; e a un bisogno si volessino =
stufare, ancora loro; et andró vedendo sel’ mio pensiero debbe havere
effetto, e trar sul libro dell’occasione all’improvista co[n] i dadi falsi dello in =
ganno, et chiarirmi se a Vinegia ne posso anch’io far una; o savia, o pazza
che la mi riesca: con questa passione no[n] ci é ordine a vivere altrimenti:~
suo maestá rimette la S[ignoria] V[ostra] et co[n] i vostri signori della Cittá giustifi =
cato benissimo.
spera nella sua bontá. Questa é la mia habitatione, stata; cosí sco =
nosciuto, a canto a questa stufa. Qua é la porta principale, la pa =
drona si chiama Druda; Venite domattina p[er] le lettere, et se vo =
lete potete star meco, qua[n]to voi qui starete: Questa é la mancia
della buona nuova; godi questi venticinque scudi:~
trapesato ogni cosa. Stolto é colui; che delle sue promesse si fida. [f. 11v]
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Non é si tosto distrutto in bocca il Zucchero che l’apetito, ti fa venire un’
amaro desiderio di qualche altra cosa. La nuova del ritornare alla patria
é dolcissima, ma il lasciar Laura é un fiele crudelissimo; o sorte crudele.
tempo, et meglio staresti, in casa.
ritorno della patria liberame[n]te m’é concesso.
da no[n] se ne maravigliare molto, poi che tante esperienze di giorno in –
giorno se ne son vedute. Le cose degli stati son molto tenere, et si vede
tal mosca, che pare uno elefante, et un castello in aria.
huomini son ben pessimi, iquali bene spesso comodame[n]te hanno le loro
orecchie, dove scolpiscono la malitia. Beato a quella cittá, et a quel si =
gnore, che ha ministri giusti, et male p[er] quelle dove regnano i vitiosi.
Qua[n]ti cittadini di mala me[n]te che governano, aspettano l’occasione, da
poter profondare un’altro cittadino, o dargli una ferita su l’honore, et
su la roba un graffio: et se bene é torto, fatto ch’egli é bisogna che sia –
diritto; ne di questi casi bestiali, o accidenti del mondo, se ne puo asse =
gnare le ragioni, p[er] che la veritá sta di sopra: ma lasciamo questa tra =
gedia, ditemi dove andate voi si bella.~
a ogni modo tra le pelli, et le comoditá della gondola, no[n] sentiró freddo:
et no[n] ad altro fine; se non per ischivare un fastidioso vecchio il quale
molti di sono, mi tormenta: et io, come sapete, sono dive[n]tata un’altra donna.
gli, come importuno p[er] tormelo dinanzi; ma sará no: leggetela, et riderete: eccovela [f. 12r]
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Al cristallino specchietto della mia effigie, tutto indorato,
la Marchesana Druda di Tedescheria, et
del mio stomaco mag[nifi]co Zucchero Rosato, ecc.
mag[nificen]za ha discorso in materia del mio amore; et concluso sopra le pro =
ve fatte a diverse signore venute di nuovo nella nostra Cittá, do =
mina dominantio, i favori che io posso p[er] tutte le spetierie, et pescato =
ri, peró che vale assai un pari mio. Peró procuro a gli officij delle
pompe,23Il magistrato alle Pompe si occupava di sovraintendere al rispetto delle leggi suntuarie. et disputo a signori dinotte.24I Signori di Notte erano la principale magistratura criminale delle Venezia dogale. Devono il loro nome al fatto che inizialmente la loro giurisdizione si limitava a crimini commessi di notte; col tempo li reati di loro competenza si allargarono molto, il che contribuì all'assunzione dei Signori di Notte a un ruolo centrale nella magistratura veneziana. Ideo, desidero essequire stasera
da le quattro, alle tre hore in lá: tanto mio amore strenuo; cedino
le v[ost]re tappezzate bellezze, et invitte; alla servitu del v[ost]ro Colombo,
schiavo, et impaniato, baciandovi la Zecchina mano, co[n] q[uest]o S[an] Marco d’oro.
Il v[ost]ro Niccoletto, il piu rovente ama[n]te di V[ostra] S[ignoria].
che scaldassi il letto; senza scaldaletto:~
buoni ordini; q[uest]a terra che é un paradiso parrebbe uno Inferno: Qua[n]te
buone leggi ci sono, et comoditá rare, am signora.~ No[n] é citta almondo che
la passi di dignitá. No[n] é questa una cosa bella, che un principe, un prelato,
un pari mio viva quá libero, et signore di se, et del suo.~ che in altro
luogo, di raro si trova questo. La S[ignoria] V[ostra] si riduca a casa, p[er] che se voi
no[n] vorrete dargli fatti, daretegli parole: et no[n] beffate mai nessuno.
medio p[er] questa faccenda:
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ne hanno piu cervello che gli bisogni. I danari, et le ciancie
hanno fatto, che il Bigio del mag[nifi]co; et il Zucca dello Stufaiuolo;
si sieno trafugati per quelle corti, et magazzini, et sapete eglino ha[n] –
no in Zuccato bene, et no[n] male;25'Inzuccare': bere vino oltre misura (GDLI). Hora se voi volete vedere due
poltroni dormire sbracatame[n]te; entrate qua dentro, come tassi son
per domani ripostisi. S’io posso finire la tela che io ho ordita, spero
di far ridere tutta la vicinanza o metterla tutta sottosopra: Io vo =
dentro a pigliare un’altra sorte di vestime[n]ti; no[n] ve ne ridete poi, q[ua]n[do]
mi vedrete in Zazzera: amore n’é cagione di farci pazzi tenere:
hor sú, chi ha tempo faccia, per che l’aspettare poi tempo, si perde l’oc –
casione; cosa molto difficile poi, a ritrovare:~
Fine del second’Atto:~
LO STUFAIUOLO COMMEDIA DEL DONI
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ATTO TERZO.
siamo tutte disperate in casa. La Taddea vedova, vedova tenuta
all’usanza della terra: ma il marito datogli la mano andó in Alep –
pe,26Venezia aveva aperto un proprio consolato ad Aleppo (Siria), in territorio Ottomano nel 1548, che è probabilmente il periodo in cui la commedia fu scritta (cf. Introduzione); non è escluso quindi che questo possa essere un allusione all'evento. et nel ritorno la fortuna ruppe la nave; et tutti perirono.
e si tiene che la sia come l’usci del guscio. et per che il tempo vola,
la s’é scoperta co[n] tutti d’essere inamorata d’un galante di Laura
che la muore: et no[n] ha ne giorno, ne notte, un hora di riposo. Laura
di costei se ne ride da un canto dall’altro piange p[er] se, d’essere afo –
gata in un bicchier d’acqua co[n] quel vecchio, il quale, oltre che le fa –
cattiva diacitura, ogni settimana e va, a vettura da questa et da –
quell’altra femina; ma noi lo vogliamo còrre stanotte dalla Stufaiuo =
la tua padrona, dove sappiamo ch’egli va.
Sai tu ch’io venivo p[er] ritrovarti con una buona anzi ottima nuova.~
et ogni nostro havere:~
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bontá, et ho fede di ritrovare un giorno, al meno, uno de n[ost]ri figliuoli.
braccio et i nei grossi della spalla.
ceci sotto la poppa ma[n]ca: et un’rosso dall’altra. Le son cose impossibili da
ritrovare, guarda piu tosto di farmi consolato, in questa n[ost]ra partita.
cambio suo la corichi co[n] il vecchio: vedi che lei vi metta te inanzi, et co[n] =
tentati. Io la lasceró nel tuo diminio.
ti contenti tu.~
del nostro ritorno faremo festa.
grandi. Una si vede, et l’altra nó. La prima é mantenersi. L’altra il sostentare
la sua pazzia.27Lo stesso adagio si ritrova in La Zucca, IVb 49 47. No[n] bastavano i travagli del mondo, i quali da una parte
mi danno affanno, che dall’altra la pazzia d’Amore no[n] mi sia a cuore. E si
suol dire che nelle cose averse il ricco si sa prosperare; ma in questi mia pas –
sati, et presenti travagli; no[n] mi hanno ancora saputo far, questo servitio, in –
modo che l’huomo ha piu da ringratiare Dio, d’esserci nato savio che ricco28Anche questo proverbio si ritrova in La Zucca, IVb 43 32.
che se cosi fosse stato: (a dirla alla reale) io no[n] sarei in questi laberinti, Se
io mi sviluppo hora, mai piu mi aggiro per si fatte strade. Lasciami andare [f. 14r]
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a casa a condurre il resto della mia pazzia a fine. Pur che qualch’ –
uno no[n] m’habbia udito a dir le mie stoltitie, o gran servitú di questa Stu –
fa, sempre, entra[n] et escono brigate.
In cambio di stufarmi, vo vedere di coricarmi in un letto; come bene ho
fatto il furto di questi panni di sotto a quel gaglioffo. E dorme si sodo, che
no[n] lo desterebbono le bo[m]barde, il vecchio v’é per due hore: egli si sta al –
caldo, del quale se ne rifá, et é entrato in un cicaleccio de suoi amori
lungo, lungo. Lo Stufaiuolo dice, madesi: e tira il cordovano,29'Tirare il cordovano': burlare, prendere in giro (per una spiegazione approfondita dell'origine dell'espressione cf. La Zucca, IIIc 7 10). et a un –
bisogno m’aspetta. Et io me ne vó in qua. Pure che io torni a tempo da
rimettere i panni al luogo suo. Ecco la chiave, ecco il lanternino da ladri,
per vedere tutta la casa. Stà io odo brigate; tosto dentro, no[n] mi fare
stentare, o chiave di gratia: chi no[n] s’arristia no[n] guadagna, la vacca é
nostra, dentro Vincenzo.
del primo sonno.
vestite da huomo, paiamo signori.
come io ti ho detto, del segno punto, p[er] punto.
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tro, cosa che mai si usó: Io sono stata a sorrecchiare30Orecchiare, origliare. all’uscio, et m’é =
paruto di sentire, dimenare la lettiera; del resto la casa é netta
come un bacino da Barbiere. Dio sá dove son l’altre donne, va rin =
vergale tu per questa terrra. Anch’io voglio andare a cercare il
Bigio: ma Eccolo che ne vien piangendo; o ve fantoccio vestito: de
vedi bel bambino che piagne.
tello, ch’io mi voglio sgozzare.
del messere, la lanterna.
nare stanotte di lettiera: L’uscio no[n] lo vedi aperto.~ tu se briaco.
za me. E mi par che sia in istufa ancora: e panni mi sono stati rubati
da uno che gli ha scambiati co[n] i suoi.
to, et no[n] l’hai ne veduto, ne sentito.
o si o nó
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letto vedi che va[n] gente la attorno carnescialando, et anchor noi.
si fatto inganno di mettere uno scambio.
mai, morto a suo posta.
tutto lo scompiglio, lascio il carico a voi.
é pur nella trappola. Dio voglia che quel famiglio porco, et la nostra –
scrofa, no[n] habbia[n] fatto qualche maladitione: Sempre ci nasce qualche
matassa da sviluppare. Intanto, io entrerró di qui, et serreró tutti gli –
usci, chi vorrá venir poi in casa; mi fará motto:~
FINE DEL III ATTO
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ATTO IIII
le gratie a una, a una: ma questa volta le felicitá mi son venute tutte
a un tratto, favello delle cose del mondo.
Son ito in una stufa, a diventar ladro, e truffatore, et in una patria lon –
tana dalla mia, tante centinaia di miglia, a ristio di capitar male;
travestitomi, aperto l’altrui case, et violato gli altrui letti; le son pur –
cose, che a pena si credono.
in altra maniera nutrite, et alla fine, mi son condotta a condurre la
povera figliuola, a cercare i difetti del marito. Ma questi discorsi non
sono p[er] hora d’allungargli piu: Io andró da Laura: della Taddea ne
lasceró a te la cura, come io torno si terminerá il tutto, hor va disopra.
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so dirvi altro, se no[n] che la gli disse no[n] so che pian piano; poi volle
il lume, et mostrogli le braccia, le spalle, e ’l petto; tanto ch’egli en =
tró in un pianto dirotto, che mai ha fatto altro che lagrimare. No[n] –
piangete ancor voi; che no[n] ha fatto nulla:
poi s’ha da riempire d’un nuovo diletto, et voi, e tutti: Hor ditemi
che fu di messer vecchio.~
egli picchió un pezzo, bravó: et pregó; ma nulla gli valse, ne fu =
di giovamento: per che io haveva pontato i piedi al muro, di no[n]
ce lo volere. Credo che si gettassi per il sonno sul letto (dopo la cole =
tione) dello Stufaiuolo, a dormire. Ma udite, che grida a corr’huo =
mo, entriancene in casa.
na Tedesca; gaglioffa, a signori dinotte criminali, truffatori, canj
a un ge[n]tilhuomo Niccolotto, de primi, de primi.~ Io ho piu di dumila
ducati d’entrata; et gli vo spender tutti p[er] ritrovare il Bigio che
voi m’havete amazzato: Stradaiuolo, et no[n] istufaiuolo. Lascia che
io mi vadi a rivestire, vedrai se io ti gastigheró. Vinegia no[n] é miga32La sonorizzazione della velare intervocalica (miga per mica) è tratto tipico del veneziano, e una delle poche caratterizzazioni linguistiche dei personaggi in senso settentrionale.
il bosco di Baccano.33Il Bosco di Baccano (oggi Valle di Baccano) è un'area boscosa situata a est del lago di Bracciano, attraversato dalla via Cassia e famoso dal Medioevo in poi per essere infestata dai ladri.
che sia il vero, Ecco che il vostro famiglio, nel truffarmi e panni
et fuggirsi, gli é caduto la v[ost]ra borsa: vedetela qua, togliete.~
[f. 16v]
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nelle mutande: o poveretto Bigio, che strana morte debbi tu haver –
fatta, almanco havessi tu potuto far testame[n]to de danari che io ti
ho dati in XXV anni che tu stai meco.
berretta co[n] una medaglia d’oro, un pennacchio di trinca,34Nuovo di trinca, mai indossato. per una
vesta cosi cosi: senza il tabarro, che val due veste.
dagnato, ma all’andare in casa sta il punto. Oime la sarcinesca é
aperta, la mi sara stata sforacchiata co[n] qualch’altra chiave. Tic, tac.
Io posso picchiare, e’ saranno morti, Toc, tac, questa sarebbe bella
truffato, rubato, asassinato, et fuor di casa, ou ou: tic, tic, toc: tac.
Laura, Caterina, Maddalena.~ Saranno sotterrati tutti, nel sonno.
Sará meglio ch’io vadi p[er] un Magnano, et faccimi aprire, altrime[n]ti
io no[n] ci veggo grascia; altro che far mula di medico: d
titi bisogna pigliare il migliore: vedi a quello che é condotta la mia
magnificenza. Voglio tastare innanzi ch’io vadia, se l’uscio di qua foßi –
aperto p[er] disgratia: e poi andró via. E par co[n]fitto si sta forte.
chiusa, et la vesta di messere si sta su la tavola co[n] la berretta. Vogliamo
noi andare su qualche ballo in maschera.~ tu vedi, noi siam padroni, che
ogni uno é perduto.
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gran casa. La voglio affittar mezza almanco, per i cama[n]giari.35'Companatico' (GDLi)
noi ci amogliamo insieme.
tanto lunghi. E se io ci havessi tenuto sempre un’ortolano di buon
nerbo, farebbe tanta rendita hora, che te ne staresti agiato largame[n]te,
ma egli é bisognato che io ci habbi messo, a chi io mi sono abbattuta; in =
modo che la maggior parte del tempo, e si sta sodo.
no[n] vedi tu qua[n]ta ge[n]te, che no[n] sia il Bargello.
dere, et andremo di brigata: ma mettianci le maschere.
co[n] qualche segno: le voglie sono state pur hora buone.
la nel letto amalata, la riconobbi a quella voglia maggiore, et me ne
certificai co[n] il restante, fu ancor grande il raccontare della presa.
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come alla beccheria: voi sete una prudente donna; e voi, m[esser] Cesare
come la vi ha beffato bene.
fosse, un sopranaturale legamento.
na, e ci ha veduto.
brusche, et poi verremo alle dolci parole: all’amicie [sic] , et pare[n]tadi.
Do vecchio senza pensieri, é questa hora da un pari vostro, a ritrovar =
si, in maschera.~
dove sian noi stanotte.~ guardate come ci trattano i famigli.
ne venghino a casa:
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et quell’altro cerchi di messere:~
maschere: andate alla stufa: habbian forse da tener co[n]to noi, di si =
fatta generatione, qua[n]to peggio fanno, meglio é; a q[uest]o modo messere s’
accorgerá co[n] che gente egli ha da fare: andate, aspasso, andate.~
fuggire a Padova cosi ben vestiti, poi che messere, é morto: povero =
vecchio; q[ua]n[do] mi baciava di nascosto in cucina, e diceva; no[n] dir nulla
a madonna vedi . Oibó gli putiva la bocca: spú, spú: bavoso.
venderemo la casa, che no[n] ci é la piu stretta pare[n]te di te, se ti baciava.
brigata di si fatta razza: che spegner se ne possa la semenza.
ze, et la Druda
FINE DEL QUARTO ATTO.
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ATTO QUINTO.
Niccoló, Magnano et Maddalena
vostro sportello di bottega, e hai penato poi un hora a venire.
briachi nel sonno: et forse l’uno, et l’altro.
grimandello p[er] quella saracinesca, tu no[n] mi rovinassi qualche cosa.
la vostra. Io ho rimesso tali rimbrencioli di toppa insieme che p[er] voler =
la aprire co[n] chiavi grosse che no[n] vi affacevano, erano tutte stran –
bellate, una brutta cosa da vedere.
no[n] é ella da casa Capretta.~36Ancora una volta il riferimento è alle corna, elemento comico caro al Doni (si veda, per esempio, anche la Baia Ultima dedicata 'Al Cornieri da Corneto' in La Zucca, Ib 24).
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mi pare ch’habbi piu bisogno di sconficcare, che del grimandello; al =
trime[n]ti voi starete difuori.
dare sopra un paio di forche.
sono il messere in malhora.
correte correte vicini, al ladro, al ladro.
rimango svergognato. Diavol che no[n] ci passi, qualche mio conosce[n]te.
le puzzolente.~ gettavia cotesto brachiere, e andiancene a casa:
che noi, siamo gli heredi. Io voglio Bigio, caro marito che tu, ti =
ritiri, dalla parte di dietro, et goderemo da vecchietti: p[er] che io af =
fitteró dinanzi, et ne caveremo un buon dato di pigione. La Sala
é larga, et sonvi camere, camerette, et mille stanzini, godibili.
a camere locande p[er] tutto, no[n] sarebbe meglio.~
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tal poltroncione ad alloggiare, che si porta com’un’asino, no[n] so come tu –
starai patiente co[n] costoro.
trove, si fatti carichi no[n] mi tireró io mai adosso.
al corso che tu harai, et massime alle furie della Sensa, che tutto il mo[n]do
ci capita: vo dire che sará bene torre una buona massara; p[er] che io =
so certo che tu no[n] potrai supplire di qua, e di la, a tanti, e ti rovine =
rai le reni; pur fa tu.
animo di soddisfare a XXV e cinquanta p[er] una necessitá.
verá pure, a tirare di quelle poste, di que mozzanighi larghi, et di
quei marcelli, che
pur di grossetti.37Moneta di poco valore (GDLI) Ma sta salda, chi é quel bravaccio co[n] quella spada
et co[n] quel pennacchio incantonato.~
chi ti ha dato cotesti panni. Quest’altra massara chi é.~
tosto che ferire il poveretto, che no[n] ci ha colpa; udite inprima:~
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vestito, andate voi inbasciadore scrivano su la nave Dolfina.~38Una delle più importanti navi della flotta veneziana.
l’uscio aperto, et la camera su la vesta, che la tavola era serrata, et
la berretta era accesa dalla lanterna: in casa, in casa: su, in casa.
menava forte forte la v[ost]ra lettiera, co[n] madonna serratisi in camera
eravate forse vostra mag[nificen]za.~
pezzo che fare, a levarvi di capo queste diavolerie.
comparire in palazzo ad avocare, et sono svergognato.
cava, co[n] la Maddalena, uno Imbasciadore, una Reina, che so io che no[n]
conosco: e ’l Doge doveva essere con la signoria, et si ridevono di voi.
huola, al mio, che ho la barba.~
a Padova, pur che la madonna no[n] vadi via per sempre.
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quando la vi diceva puttanieri asassino; la no[n] disse a voi, ne a me, p[er]
che io no[n] ero voi: et la maschera no[n] era me.
siate cotti dal vino: et io se gli é vero tal novella, no[n] saprei mai con q[uest]e
bestie che fare, et la vergogna a che siamo: o povero Niccolotto de –
primi della contrada: Andate la a casa inanzi gaglioffi, ch’io p[er] la prima
mi vo chiarire di questo folletto, che va dimendo [sic] le lettiere cosi forte:
Sará forse stato q[ue]llo, che m’havrá co[n] la chiave guasta la serratura.
ve lo dissi pure: Queste nostrali le quali son maschie, s’usano hoggi di,
che da un canto, et dall’altro, si possono adoperare.
ina, che v’ha detto Caterina; e son qua dietro:~
parecchi mila ducati.
ita a Padova.~
ti [f. 21r]
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ti, co[n] altro nome; hora ci conviene palesare, et co[n] quello honore
ritornare a Genova che si conviene: havendo giustificato il mo[n]do –
co[n] l’innocenza mia; et sono per dire il tutto alla S[ignoria] V[ostra] Padre di =
Laura v[ost]ra moglie; et mi chiamo Gregorio Spinola:~40La famiglia Spinola è una delle più importante famiglie dogali di Genova.
et cioche io ho, é vostro: o moglie mia cara, mi par mill’anni di vederla.
et io gli dó la dota; et meco tutte due verranno a Genova, dove sta =
ranno benissimo. Io la mia donna, et essa venivamo stanotte p[er] noti =
ficarvi il tutto, e trovarvi infaccendato intorno a quella porta, che la
S[ignoria] V[ostra] volle sforzare; p[er] venire di sopra, a questa femina hora da bene.
i mozzanighi; am.~ signore, il mio messere vuol ch’io stia Cheto; ditemi
é v[ost]ro figliuolo, q[ue]llo che forse m’ha rubato i panni.
panni; per farvi, a parlar netto vergogna in casa; chi la tolse, et come
l’é andata udirete tosto che siamo tutti in casa.
in casa, ch’io veggo che la ci viene aperta.
perduto la casa. Chi fa il conto senza l’hoste.~ fa cosí.
di saper chi tentennava la sua lettiera, et anch’a me.
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no[n] paio un gentilhuomo forse.~ tal mi diceva ignudo poltrone, che
mi dará del signore. Hor su il mondo, é una gabbia da pazzi. La
virtú no[n] si fa valere, se la no[n] ha de tif taffi41Tif taffii: suono che imita il fruscio o lo sfregamento dei tessuti (GDLI). attorno, come si sente
sonar la seta, le sberrettate volano, signor si, messer qua, et ill[ustrissi]mo la:
Se fosse l’Imperadore in un saio di cotone, e tocchera, del tu, et del fat =
ti in la.~ Facciamo a dire il vero, che cosa é la ricchezza alla fine.~
Et pure di tutti i ricchi, e tenuto piu conto; da i piu dico; che de vir =
tuosi. Io ho lavato nella mia stufa, di grand’huomini, i quali veniva =
no la dentro nudi. Io no[n] conoscevo differenza alcuna, et la ma[n]dava
tonda42In malora. all’uno, et all’altro: ma poi nello spogliatoio, questo era di vel –
luto, et quell’altro di saia vestito, in modo ch’io attendevo a quelle sete.
et lascivo [sic] da canto la lana. Vien poi veggendo, i mal vestiti i piu era =
no i sapienti; et quegli altri parevano, un pezzo di carne co[n] due occhi:
Vedete a quello, che noi siamo sottoposti, a essere schiavi a ben vestiti:~
Volete voi altro, che d’una tanta stoltitia nostra: me ne crepa il core.~
Se lo dicesse il sole, tutti habbiamo a essere
e no[n] ne riporterá piu il Re che il filosopho in mano: tanto varra il
lino, qua[n]to la stoppa. Ringratiato sia Iddio, Io sono uscito di stufa =
iuolo; dice bene il vero, chi ha da haver ve[n]tura, sia dove si voglia
poco senno basta; la lo trova in sin nelle stufe. Io me ne andro a Geno =
va, co[n] questo ricco mercatante; co[n] la Druda, la quale sposeró, et –
usciró di stenti. Havete voi veduti qua[n]ti casi in poche hore.~ ne ve –
drete de gli altri, et qui, e altrove; il mondo é sopra un certo carro
che gli sdrucciola malame[n]te. Lasciami accostare, et entrare un –
poco nella lega del gentilhuomo. Tic, toc. Dio sa se sentiranno, in
tanto piacere debbono essere. Tac, tac:~
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quello che mi rubó i panni, et la Chiave, et mi dette da imbriacar =
mi, era fratello di Laura.~ et era inamorato di lei, et no[n] sapeva che
la fosse sua sorella. Il bello fu che egli entró nel letto, p[er] co[n]trafare
messere, et vi trovó la Taddea vedova, in cambio di Laura. Vedi =
che ventura l’hebbe, poi che la gli voleva bene.
to suo figliuolo, trovandolo nel letto, et gli ha fatti torre p[er] marito et
moglie: & io ho presa la Druda.
in camera terrena, su quel canto di cassa, me lo promettesti.
te una coppia, e un paio; et cosí co[n] tre paia di nozze faremo una
bella festa: hor lasciami salir la scala.
S[ignoria] V[ostra] pian piano andró al signore.
dopo tanti anni, e tanti travagli, fussimo insieme.~
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ma io ne voglio contratto informa di Camera.
padre, madre, moglie, et sorella: p[er] si fatta cagione.
no[n] voglio che vi priviate d’una si fatta requilia.46Reliquia, per metatesi.
tutte l’allegrezze del mondo. Quelle del Bigio son tessute parecchi
giorni sono; chi vuol di quelle buone torni domani; et di queste di
Caterina, a chi ne piace, puo restare; delle mia, a dirvi il vero no[n]
so il giorno appunto, ma io le vo fare tanto grande, che se ne dica p[er]
tutta questa cittá: peró vi invito tutti, e co[n] questo, ciascuno co[n] meco
ne faccia festa:~
Il fine della Commedia:~
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